Mi capita spesso di incontrare persone che hanno difficoltà ad usare la rabbia in modo appropriato. C’è chi tende a “esplodere”, esprimendosi in modo non rispettoso per l’altro, e chi invece non si arrabbia affatto, mancando di rispetto a se stesso. In riferimento a questa seconda categoria mi chiedo: perché arrabbiarsi fa paura?
Paura di arrabbiarsi: false credenze
Le motivazioni di una mancata espressione della rabbia possono essere varie. Spesso si tratta di convinzioni erronee originate nell’infanzia e che, anche in età adulta, continuano a influenzare la vita e le relazioni della persona.
Ad esempio alcuni ritengono che arrabbiarsi sia da “cattivi” o che “le persone per bene non si arrabbiano”. Altri pensano che esprimere la rabbia indichi una mancanza di controllo delle proprie reazioni. In certi casi, l’ostacolo deriva dalla paura di offendere o ferire, o dal timore di esprimersi in modo violento. C’è chi non si espone per non arrivare a una discussione o a un litigio. C’è chi crede che arrabbiarsi rovini la relazione, anche portando ad una separazione. Anche la paura della reazione del proprio interlocutore, a volte, costituisce un freno a esprimersi liberamente. Infine, altre convinzioni riguardano l’idea che sia opportuno comprendere il comportamento altrui, anche quando provoca un danno a se stessi, perdonare, dare una seconda possibilità.
Se ne potrebbero elencare molte altre: buona educazione, altruismo, buonismo, timidezza… In generale, tutte queste credenze rappresentano la rabbia come qualcosa di sbagliato e quindi da tenere per sé. Al di là delle spiegazioni che ognuno adotta, rimane il fatto che esprimere e usare la propria rabbia in modo adeguato sembra essere per molti difficile. Si sviluppa la paura di arrabbiarsi e di farsi vedere arrabbiati dagli altri.
“Chiunque può arrabbiarsi: questo è facile. Ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, ed al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile.” Aristotele
Paura di arrabbiarsi: la prospettiva dell’analisi transazionale
Secondo la prospettiva dell’analisi transazionale, l’incapacità di esprimere la rabbia è legata alla sostituzione di questa emozione con altre, definite parassite, cioè non autentiche. Perché questo accade? È un processo che inizia nell’infanzia, nell’ambiente familiare in cui il bambino è inserito. Si tratta di famiglie in cui la naturale espressione della rabbia da parte del piccolo non è incoraggiata e valorizzata. Piuttosto essa viene punita, svalutata o non considerata. Poco a poco quindi il bambino impara che la rabbia non va mostrata, e in alcuni casi neanche provata! La sostituisce con emozioni maggiormente approvate dai suoi genitori che gli garantiscono maggiori attenzioni e affetto. Ad esempio può osservare che sentendosi in colpa o triste mamma e papà gli staranno più vicino, deciderà così di sostituire la rabbia con il senso di colpa.
I genitori possono scoraggiare l’uso della rabbia in modi diversi: con messaggi diretti, con segnali emotivi e non verbali, con il loro comportamento che viene imitato dal figlio. Qualunque sia la modalità, il messaggio è lo stesso: non puoi esprimere la rabbia.
Quali possono essere le conseguenze nella vita della persona?
La funzione psicologica della rabbia
Prima di analizzare i problemi a cui può portare la repressione della rabbia, è importante chiarire la sua funzione.
La rabbia è un’emozione fondamentale e pertanto ha una funzione adattiva specifica, strettamente legata alla sopravvivenza. La sua finalità è quella di difendere la persona quando riceve un’ingiustizia, quando subisce un torto, reale o percepito, quando sono violati i suoi diritti. È naturalmente presente in ogni individuo, indipendentemente dal sesso, dall’età e dall’etnia di appartenenza. La sua intensità può variare lungo un continuum che va dal fastidio alla collera.
La rabbia esprime un atteggiamento di difesa, origina quando è avvertita una qualche minaccia. Essere trattati male, essere oggetto di attacchi fisici o verbali, venire criticati, sentire violati i propri diritti. Anche assistere a violenze o ad abusi subiti da altri può innescare fastidio. Non essere apprezzati e riconosciuti, percepire un ostacolo al raggiungimento dei propri obiettivi, sentire di aver fallito, essere costretti a fare qualcosa contro la propria volontà, essere abbandonati, traditi. In altri casi, la rabbia avverte la presenza di una minaccia all’autostima e alla propria immagine sociale.
E’ funzionale all’affermazione di sé e all’adattamento nel proprio contesto, è dunque estremamente preziosa per l’individuo. Permette di perseguire i propri obiettivi, modificare una situazione avversa, riconoscere e reagire a dei soprusi. Al contrario di quello che molti pensano la rabbia preserva i rapporti, stabilendo cosa è permesso e cosa non è consentito in quella specifica relazione. Essa permette di definire un recinto all’interno del quale potranno avere libero spazio amore, tenerezza, intimità, in un clima di okness e rispetto reciproco.
Paura della rabbia: conseguenze
Un’incapacità di esprimere la rabbia può portare a problemi di ansia, attacchi di panico, depressione, ruminazione e pensieri ossessivi, preoccupazioni ipocondriache, insonnia. A livello relazionale può causare insoddisfazione, frustrazione, la sensazione di essere “sfruttati” e “sottomessi” all’altro. Senza esprimere opinioni, pensieri o comportarsi in modo libero non è possibile creare una relazione paritaria in cui bisogni, desideri, caratteristiche di ognuno vengano valorizzati.
La repressione della rabbia può avere conseguenze anche sulla salute fisica, sia attraverso somatizzazioni sia creando un aumento dello stress e quindi predisponendo allo sviluppo di malattie, o aumentando la cronicità di disturbi già esistenti. Alcuni esempi possono essere mal di testa, mal di stomaco, sfoghi cutanei, disfunzioni sessuali, dolori cervicali.
“Trattenere la rabbia è come trattenere un carbone ardente con l’intento di gettarlo a qualcun altro; sei tu quello che si scotta.” Buddha
Conclusioni
Non arrabbiarsi mai non è nè utile nè sano. Chi non si arrabbia mai non è “buono” o “maturo”, ma inibito nell’espressione di sè. Imparare a riconoscere l’emozione della rabbia e quindi a individuare le situazioni che costituiscono un’ingiustizia, un abuso, un maltrattamento, un allontanamento dai propri obiettivi, condurrà a una vita più soddisfacente e vissuta pienamente.
E tu che rapporto hai con la rabbia? Prova a fermarti un attimo a riflettere. Quante volte hai lasciato correre e inghiottito situazioni che non ti andavano bene? Riesci a esprimere la tua rabbia in modo adeguato ottenendo l’obiettivo desiderato?
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