“Devo essere perfetto”: quando il perfezionismo è patologico

Il perfezionismo è inteso comunemente come quel tratto caratteriale che spinge a raggiungere standard di comportamento o riguardo al modo di essere molto elevati. C’è un’importante differenza tra un perfezionismo sano e funzionale e uno patologico e dannoso. E poi cos’è la perfezione? Soprattutto oggi, abituati a vedere sui social mondi e persone sempre felici, belle, ricche, la spinta a essere perfetti può assumere delle caratteristiche sempre più spesso patologiche, portando la persona a essere sempre insoddisfatta e critica con sé stessa, a non accettare neanche i suoi difetti più umani, a sviluppare vissuti di ansia, vergogna, colpa, tristezza.

“Il perfezionismo è uno stato mentale pericoloso in un mondo imperfetto.” Robert Silliman Hillyer

Come si distingue il perfezionismo sano da uno patologico e negativo

L’essere ambiziosi e avere una spinta a eccellere sono aspetti positivi, che portano la persona a dare il meglio di sé, a crescere e raggiungere obiettivi importanti. Quando questa tendenza diventa disfuzionale sfociando nel perfezionismo patologico? La differenza chiave sta nel distinguere se la persona basa il proprio senso di valore personale e la propria autostima sul raggiungimento di risultati o se riesce ad accettare un “abbastanza buono” percependolo realmente “abbastanza buono”. Una persona che ha una sana spinta a eccellere riesce a riconoscere i suoi limiti e i suoi difetti, integrandoli in modo armonico con i suoi pregi e qualità. Può tollerare che qualcosa non vada secondo i piani. Riesce ad accettare che in alcuni casi può essere sufficiente un “abbastanza bene”. Può accogliere i suoi errori prendendoli come insegnamenti per il futuro.

Caratteristiche del perfezionismo patologico

Una persona con perfezionismo patologico presenta standard eccessivamente elevati, talvolta irrealistici. Anche nei confronti degli altri potrebbe avere aspettative molto alte, aspettandosi cose che non possono dare o pretendendo da loro determinati comportamenti. Questo genera un atteggiamento fortemente critico, diretto verso di sé o verso gli altri, e un’intolleranza agli errori. Nel confronto con gli altri la valutazione di sé è quasi sempre negativa e dura, innalzando così l’auto-criticismo e l’asticella degli standard da raggiungere. L’incapacità di compiere una valutazione autentica e realistica di se stessi e delle proprie prestazioni porta un’incapacità di gioire dei propri successi. La persona perfezionista infatti tende a porsi obiettivi non realistici: se non vengono raggiunti diverranno materiale per l’auto-criticismo, se vengono raggiungi invece è probabile che vengano svalutati, considerati non così difficili oppure frutto di un colpo di fortuna o dipesi da fattori esterni, anziché dalle proprie capacità e uno sforzo personale (“Ho preso due lauree, ma non ho preso il massimo…potevo fare di più”).

Tutto questo rende frequenti vissuti di vergogna, insicurezza, inadeguatezza. Quando non è una spinta sana a migliorarsi ma il perfezionismo è pervasivo e l’auto-criticismo assume livelli molto elevati, diventa inibente e limitante. L’individuo tende a non esporsi più, a non mettersi più in gioco, tanto non sarà mai abbastanza. Ad esempio “Non invito nessuno a casa finchè non sarà perfetta”. Si traduce quindi in una procrastinazione o evitamento di quelle attività che potrebbero portare ad un attacco al proprio valore.

“Un uomo non farebbe nulla se aspettasse fino a poterlo fare così bene che nessuno possa trovarvi dei difetti.” John Henry Newman

Conseguenze del perfezionismo

Il perfezionismo è un atteggiamento legato a diversi quadri psiopatologici. Esso è correlato con un aumento del rischio di ansia e depressione, disturbi alimentari, tendenze ossessive-compulsive e ideazione suicidaria. Anche le relazioni sociali tendono a impoverirsi, innalzando così il livello di auto-criticismo, insicurezza e disistima di sé.

Il perfezionismo patologico sembra colpire adolescenti e giovani adulti in modo sempre più consistente. Recenti studi stimano, infatti, che circa il 30 per cento degli studenti universitari soffre di depressione, disturbo strettamente legato a un atteggiamento perfezionistico e critico.

Perfezionismo e analisi transazionale

In termini di Stati dell’Io il perfezionismo è concettualizzabile con la presenza di un Genitore molto critico, esigente, svalutante e di un Bambino che crede di non essere abbastanza bravo. Tra loro è presente un dialogo interno negativo che si attiva nella maggior parte delle situazioni: ad esempio il Genitore potrebbe dire “Potevi fare di più” o “Gli altri hanno fatto meglio”, generando vissuti di inadeguatezza, vergogna e delusione nel Bambino.

La spinta “sii perfetto” probabilmente inviata da genitori, ha fatto sì che il figlio sviluppasse la convinzione “Vado bene solo se sono perfetto”. Anche da adulto quindi, ogni volta che non sarà perfetto (secondo i suoi canoni) egli si sentirà non-Ok.

Come risolvere il perfezionismo

Attenzione, l’obiettivo della terapia non è quello di abbandonare i propri standard personali o la spinta ad eccellere, bensì quello di rivalutare e regolare tali standard e tali aspettative e di fare in modo che la percezione del proprio valore non dipenda più dal raggiungimento della perfezione. Anche lasciando andare quegli obiettivi irraggiungibili che si traducono solamente in sofferenza.

Un perfezionismo buono contempla standard personali alti ma raggiungibili o ragionevoli e una valutazione e una stima di sé che non dipende dalle proprie prestazioni.

E’ importante modificare quel dialogo interno critico e svalutante, promuovendo invece un atteggiamento di incoraggiamento, di affetto e accoglienza verso se stessi. Questo avrà effetti positivi non solo sul proprio umore, senso di sicurezza e autostima, ma anche sulle proprie prestazioni. Eliminando le influenze negative di un perfezionismo patologico e eccessivo, libereremo energia da dedicare alle nostre attività e al nostro benessere.

Contattami per liberarti da un perfezionismo esagerato che non ti permette di godere al meglio delle tue potenzialità!

 

Giulia Branciforti Psicologa

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